Archeologia

Ultima modifica 7 aprile 2021

ELENCO IMMOBILI VINCOLATI AI SENSI DELLA LEGGE 1.6.1939 n° 1089
- Chiesa di S.Bernardo (Proprietà di Ente Religioso - not. min. 30.5.1908) 
- Antica porta a torrione d'ingresso alla Rocca (Proprietà F.lli Gay - not. min. 14.11.1934)
- Tutte le chiese e gli edifici aventi più di 50 anni di proprietà di Comuni, Province, Enti e Istituti legalmente riconosciuti anche qualora non siano stati oggetto di notifica formale.


AREE DI INTERESSE ARCHEOLOGICO (a Pavone e Pietra Marazzi)
Sono riportate sugli elaborati grafici della Variante Strutturale al P.R.G.C. 2006 e all'art. 29 bis delle N.T.A., suddivise in: 
- aree a forte potenziale archeologico (in rosso) 
- aree a medio potenziale archeologico (in viola) 
- aree a basso potenziale archeologico (in verde)


RINVENIMENTI ARCHEOLOGICI DI RILEVANTE IMPORTANZA
Relazione sui ritrovamenti archeologici dei Comuni di Pietra Marazzi e di Pecetto di Valenza inviata a Milano in data 7 febbraio 1978 alla Dott.ssa Maria Vittoria Antico Gallina da parte del rag. Luigi Sturla, Segretario Comunale di Pietra Marazzi e di Pecetto di Valenza (Provincia di Alessandria)


Territorio del comune di Pietra Marazzi
Il mio interessamento a ricerche archeologiche in questi luoghi risale all’anno 1955 quando, a seguito di alcuni ritrovamenti di laterizi romani nella località Torre di Pavone, in un terreno di proprietà della prebenda Parrocchiale di Pavone (parroco Don Ugo Cellerino),questo Comune vi effettuò degli scavi per incarico del Soprintendente delle Antichità del Piemonte, dott. C. Carducci, che inviò anche sul posto il suo 1° assistente Geom. Pierino Cerrato. Gli scavi avvennero dove esisteva un rudere di torre costruito quasi interamente con resti di laterizi provenienti da tombe romane, rudere che il Geom. Cerrato riteneva risalire ad epoca longobarda. Gli scavi misero in luce solo un gran numero di scheletri, fra cui una sepoltura comune contenente oltre venti resti di corpi, anche di bambini. Insieme agli scheletri non fu rinvenuto nulla, neanche laterizi romani. Si ritenne trattarsi di sepolture dovute ad una delle prime pestilenze del medioevo. Gli scavi furono sospesi perché il proprietario del terreno, che era il Parroco di Pavone, doveva seminare, ed il risultato del lavoro, costituito solo da alcuni resti di grossi mattoni e tegoloni di teste romane, provenienti dal rudere, fu portato in Municipio e posto nel locale dell’Archivio.
Successivamente mi interessai alla possibilità di ritrovamenti raccomandandomi ai muratori, quando facevano degli scavi per nuove costruzioni, ed agli agricoltori, quando facevano scassi per le vigne od arature profonde.
Nella località Ponte Rosso, fra Pietra Marazzi e Pavone, nel costruire una cabina per il sollevamento dell’acqua, furono rinvenuti alcuni grossi mattoni tombali romani, delle dimensioni di cm 45x29x6,8, intatti, perfettamente conservati, con il segno per la presa costituita da un’impronta di pollice. Si rinvennero pure resti di mattone con linee semicircolari, come quelli trovati al “Cristo” di Alessandria e di cui alla figura 23, tav. III, della pubblicazione del Prof. P,. Peola sulla “Rivista Storia Arte e Archeologia” della Sezione di Alessandria della R. Deputazione Subalpina di Storia Patria
(gennaio-giugno 1940). Fu poi rinvenuto un frammento di terracotta con una testina di bimbo di delicata fattura, costituente il residuo di un non identificato manufatto. Unisco fotografia della testina, ingrandita 6/7 volte, con preghiera di restituzione non avendone al momento altre. Nelle vicinanze, durante i lavori di scavo per la costruzione di alcune case, fu rinvenuto un mattone, delle dimensioni di cm 18x8, ridotto a metà dell’altezza, con il marchio di fabbrica perfettamente conservato: “PHILETI” . Il marchio “PH” risultante dal mattone della figura bn° 95, tav XII della pubblicazione suddetta del Prof. Peola, per rinvenimenti avvenuti a Villa del Foro, è perfettamente uguale alle due prime lettere del marchio “PHILETI” di cui sopra. Lo scavo per il fabbricato mise in luce i resti di diverse tombe i cui laterizi erano ormai ridotti in frammenti, probabilmente per i diversi lavori di scasso per le vigne avvenuti nel corso dei secoli.
Visitando qualche anno fa il Castello di Pavone, abitato dai Marchesi Faà di Bruno fino agli anni 1939/40, vidi nella camera detta “della Marchesa” sita al 1° piano, un mezzo vaso di terracotta con entro due asce di bronzo.(*) Poiché il castello venne successivamente svuotato del mobilio, trasportato quasi tutto nell’Italia Centrale, chiesi all’Amministratore, Avv. Bodratti di Alessandria, che tali reperti mi fossero consegnati, cosa che ottenni. Erano ancora sporchi del terriccio della zona e sono state sicuramente rinvenute in sito. Incautamente le lavai per ripulirle. Solo dopo seppi da Lei, Dott.ssa Antico, l’importanza che potevano avere. Credo di poter senz’altro escludere che provengano da altre raccolte in quanto erano, ripeto, ancora sporche di terra.
In località Santa Cristina, nelle vicinanze del cimitero di Pietra Marazzi, nel fare arature profonde, sono pure stati rinvenuti i resti di varie tombe romane, con residui di cenere, con frammenti di grossi mattoni e tavelloni e di vasi decorati con rigature incrociate, graffite nella terracotta. Ivi è stata pure rinvenuta una piccola macina domestica ed alcune monete, fra le quali due d’oro, i cui rilievi sono talmente consumati, da non poter essere identificabili.
Pavone è una località molto antica. Sorge su un’altura che costituisce come un balcone sulla pianura di Marengo, e ai suoi piedi confluisce il Tanaro con la Bormida. Alla base dell’altura si trova una falda rocciosa che ha impedito ai fiumi di erodere oltre la collina che in tempi remoti doveva sicuramente avanzare di più verso la pianura e, precisamente, verso Castelceriolo che si trova di fronte, appena oltre i due fiumi, ed ove sono stati rinvenuti i resti di una stazione preistorica. Reperti di selci lavorate, rinvenute a Castelceriolo, si trovano anche presso il Museo di Antichità di Torino, come risulta dalla pubblicazione sulla Rivista “La Provincia di Alessandria”, n° 3, mesi di luglio e settembre 1977, in un articolo di Ettore Janigro D’Acquino.
Qualche settimana fa, sulla strada che dalla Provinciale porta all’abitato di Pavone, nell’effettuare uno scavo per un palo dei telefoni, sono venuti alla luce resti di una tomba con frammenti di un vaso probabilmente della stessa epoca di quello delle asce di bronzo. A qualche decina di metri da tale rinvenimento, si trova una strada, denominata S.Anna, con residuati di un selciato romano, dello stesso tipo di altro selciato rinvenuto nella località Pellizzari del Comune di Pecetto di Valenza.
(*) Descrizione del materiale, da: MARIA V. ANTICO GALLINA, Reperti della tarda età del bronzo da Pavone di Alessandria, estratto da Sibrium, vol. XIV (pp.235-244) a cura di Gianfranco Calorio


1. Pavone, località Castello
Urna cineraria di forma biconico-lenticolare in argilla bruna ingabbiata e lisciata; fondo leggermente incavato. L’urna presenta all’esterno tracce di combustione. Alt. frammento mm. 130; diametro supposto mm. 310. Datazione: Attribuibile al Protogolasecca A o cultura di Canegrate. Il
rito dell’incenerazione è testimonianza di una civiltà che ricorda la facies dei Campi d’Urne d’Austria e di Baviera della tarda età del bronzo. Nella cultura di Canegrate assunse importanza la ceramica differenziata in domestica e funeraria, più curata quest’ultima, per impasto e per forma (biconica, per l’appunto). La decorazione di quest’urna è localizzata al disopra del punto d’inserimento dei 2 tronchi di cono ed è costituita da una serie di solcature orizzontali che interessano l’intera fascia, interrotte da impressioni circolari fiancheggiate da altre semicircolari con punto centrale depresso. Manca la scodella di copertura.
Asce in bronzo; hanno stretta analogia con fogge dell’area nord alpina, bavarese e del Centro Europa (Germania); i reperti sono riferibili ad una fase avanzata della media età del bronzo, corrispondente al periodo di transizione fra Br C e D precedente a Canegrate. La linea è estremamente slanciata ed elegante. Alle snelle lame corrisponde un corpo a linea ondulata con le alette che lo abbracciano fino alla piccola spalla a partire dal tallone, al di sotto del quale si sviluppano con una linea che appare molto naturale e che nasce da quel leggero solco che inquadra anche la tacca lunare del tallone. Le curvature presso il manico sembrano diventate più ornamentali che funzionali.